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Recap The Promised Neverland

  • Immagine del redattore: La lettrice in verde
    La lettrice in verde
  • 7 apr 2019
  • Tempo di lettura: 5 min

Buongiorno readers!



Oggi vi porto il recap di The Promised Neverland fino al volume 8, articolo a quattro mani fatto in collaborazione con Frank, in arte Ozigiri Manga (ozigiri_manga su Instagram e la sua pagina https://ozigirimanga.wordpress.com/ )


Aurora: Cercherò di raccontarvi la storia senza farvi troppi spoiler, iniziamo!


Di cosa parla questo manga?

I protagonisti sono Emma, Ray e Norman, tre orfani che vivono all'orfanotrofio Grace Field House in cui vengono accuditi dalla Mamma e vivono con altri orfani in attesa di essere adottati.

Fino a qui nulla di strano, ma una notte Emma e Norman decidono di portare a una bambina che stava per essere adottata il suo peluche, allora si avvicinano al cancello (cosa vietata) e fanno una scoperta a dir poco aberrante: trovano la bambina morta e, nascosti, scoprono che l'orfanotrofio in realtà è una fattoria e che la Mamma collabora con i demoni per vendere i bambini, considerati bestiame. I due, sconvolti, decidono di raccontare tutto a Ray e iniziano a creare un piano per fuggire. Scopriranno della presenza di Minerva, un uomo misterioso che ha lasciato indizi nei libri della biblioteca proprio per aiutare quest'ultimi a fuggire. Nonostante gli ostacoli i bambini saranno in grado di fuggire, ma sarà solo l'inizio del loro viaggio perché fuori li aspetta un mondo pieni di pericoli che li metterà a dura prova, riusciranno ad arrivare al rifugio indicatogli da Minerva (grazie a una penna a sfera in grado di dare coordinate) lì troveranno un uomo che scopriranno essere un ragazzino fuggito anni prima da un'altra fattoria. Dopo un difficile inizio Ray e Emma convincono l'uomo a farsi portare in un altro punto indicatogli dalla penna "Goldy Pond" ma qui Emma verrà catturata e scoprirà di essere finita in una zona di caccia creata dai demoni.



Frank: Chiaramente non possiamo parlare di una vera e propria corsa frenetica quando ci riferiamo a The Promised Neverland perché l’attesa tra un volume e l’altro è sicuramente qualcosa di estenuante.

Stiamo parlando di una di quelle serie che, per il piacere e la curiosità di leggerle, la si dovrebbe consumare in un’unica lettura lunga e veloce, ma ahimè i maestri Shirai e Demizu non ce lo permettono.

Un vero peccato. Ma a colmare le sequele di vuoto che stanno tra una pubblicazione e l’altra, abbiamo tra le mani un vero pezzo d’arte editoriale: disegni eccellenti, ambientazione ottima, una trama veloce e coinvolgente e stranamente originale in un 2019 sempre più impiantato sul fan service (ma a questo ci arriveremo dopo). Ma mi risulta complesso parlare di un manga senza un filo logico, quindi comincerò dalla cosa più superficiale e, talvolta, meno piacevole: la copertina. Come sapete, la maggior parte degli albi adotta al giorno d’oggi lo schema a doppia copertina, forse il responsabile, tra l’altro (ma queste sono tutte supposizioni) dell’innalzamento del prezzo dei singoli numeri; ho sempre trovato fastidioso e seccante dover tenere in mano pezzi di carta plastificata, taglienti e scivolosi, mentre tento di leggere, ma The Promised Neverland ne fa eccezione. Sotto la copertina fasulla e plasticosa, infatti, si nasconde una seconda copertina in carta molto più bella e sentita, in bianco e nero, in contrasto quindi con i caldi e accesi toni arcobaleno che si notano a prima vista da quella sorta di protezione che l’editore inserisce.

Ma non è finita qui: Nella seconda copertina, invece di vedere un disegno che riassume la storia del rispettivo albo, vediamo riportati ricordi lontani, flashback che ci riportano alla storia prima della storia, a ciò che ha dato le basi per la vera ricerca della Neverland.

Saggezza tecnica e precisione che riverberano all’interno dei fumetti: disegno a tratto piuttosto liscio, margini leggeri che aprono le sagome e le fondono con l’ambiente circostante, molto più cupo, aspro e ricco di linee; un qualcosa che riflette pienamente la scena e l’atmosfera della trama, un mondo di mostri in cui dei giovani esseri umani sembrano essere solo un impiccio, qualcosa che lì non dovrebbe stare e la cui rappresentazione accompagna il lettore verso l’incubo più grande, quello dei demoni mangia-uomini, ora sicuramente più chiaro e più lontano dall’immaginazione.


A dare man forte alla trama sono una linearità ben marcata con cenni al passato radi, brevi e molto chiari; i personaggi sono caratterizzati molto bene e anche nei secondari è stata data una forte mano di peculiarità, anche se abbastanza riduttiva, di per sé. L’inserimento di forme demoniache in un manga di questo genere non è nuovo, ma la rappresentazione sotto forma pressoché umanoide delinea la chiave vincente per una storia ben riuscita in praticamente tutti i suoi aspetti, equilibrando quasi matematicamente l’empatia verso i bambini, la paura verso le bestie e questa decisa oscurità che aleggia attorno alla morte, la quale non mi sento di catalogare nella parte della paura perché risulta essere più pregnante ma meno esagerata, quasi come il sentimento che si prova in un incubo sapendo di essere addormentati.



Considerazioni personali

Aurora: Quando ho iniziato la serie (di cui avevo sentito parlare molto bene) non avrei mai pensato che mi sarei fatta coinvolgere e travolgere da questa storia. Il racconto è davvero bello, innovativo e formato da molteplici colpi di scena (e di cuore); i personaggi li amo tutti e ognuno ha un ruolo ben preciso, tenendo conto che sono molti i personaggi il lavoro è stato fatto molto bene.

Ci sono molti interrogativi in sospeso ma andando avanti avremo tutte le risposte (spero)

Voto complessivo della serie fino al volume 8: 4,5/5


Frank: Potremmo quindi parlare del capolavoro dei capolavori? Secondo il mio onesto parere no. A fronte di tutti gli elementi oggettivi che mi sono limitato a nominare in questa recensione mi sento di dover far valere anche quelle che per me sono le pecche di questo titolo. In primis, la forte asincronia tra narrazione e pubblicazione. Perché è normale chiudere un numero di questo tipo di manga in climax, ma se lo si fa troppe volte e non si tiene conto della pausa tra una pubblicazione e l’altra, si elimina la suspense che si era montata all’inizio; una probabile soluzione potrebbe essere numeri più corti e un maggior numero di pubblicazioni. Altra cosa la longevità della storia. Rumors dichiarano che la serie dovrebbe interrompersi al numero 12 ma così facendo, probabilmente, si rischierebbe di tagliare improvvisamente, e senza una

riuscita eccelsa, un arco narrativo che chiede quasi sicuramente almeno 20 volumi. Non sono voci così affidabili ma se dovessero essere confermate, ne verrei profondamente deluso (un altro Area D insomma).

Per concludere, una delle note più aspre che mi tocca inserire: i bambini supereroi. È vero che su questo tema mi ritrovo molto altalenante ma c’è qualcosa in me che mi dice che il surrealismo di porre nelle mani di una manciata di ragazzini di massimo 12 anni un’impresa tanto folle non debba per forza essere accettato. Chiaro che mettersi a parlare di surrealismo per un manga è come mettersi a parlare di

chiaroscuro in un dipinto di Kandinsky (citazione colta che non vi aspettavate, vero?) ma spesso gli autori esagerano e, non curanti della fedeltà almeno minima che deve avere un manga nei confronti della realtà, inciampano nell’assurdo. Ma queste sono soltanto piccole macchie in quello che, senza problemi, potremmo chiamare “capolavoro”.


Ringrazio tantissimo Frank per questa opportunità e spero in future collaborazioni!

Se volete parlarne su Instagram sia sul mio profilo che quello di Frank è uscito un post a riguardo, al prossimo articolo!

 
 
 

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